Il mondo del lavoro è pieno di individui che, appena possono, non mancano di ricordarti che sono dei professionisti. La professionalità è una cosa seria, spesso abusata, non una paroletta buttata lì a condire 2-3 anni pulciosi corredati da titoli altisonanti e quasi mai corrispondenti alla realtà delle cose. Nella mia esperienza dublinese ho assunto un tipo che pretendeva di comandare (letteralmente) il suo team soltanto perché ne aveva la prerogativa e senza preoccuparsi minimamente di guadagnarsi un minimo di stima da parte dei suoi sottoposti. "Credo di avere doti da leader", amava ripetere, "Certe caratteristiche sono innate e non hanno bisogno di essere avvalorate da chi ti sta sotto". Il problema è che a volte chi sta sopra commette degli errori: può scegliere la persona sbagliata e metterla nel posto sbagliato. A quel punto l'intelligenza del leader sbagliato nel posto sbagliato sta anche nel sapersi adattare al contesto e guadagnarsi la stima di persone non perfettamente compatibili col suo modo di essere e di agire. Concetti come leadership e professionalità nascono in fin dei conti da un'umiltà di fondo, dalla voglia e la capacità di mettersi in discussione e migliorarsi col tempo, anche quando sembra che non ci sia più nulla da imparare. "Uno scrittore professionista è un dilettante che non ha mai smesso di scrivere" (Richard Bach).