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Ego - Emiliano Carlucci's Blog

Pensieri sparsi di un ramingo digitale

Google contro le content farm?

Tempi duri per le content farm. L'ultimo post di Matt Cutts lascia intendere che realtà come Demand Media potrebbero avere serie difficoltà nel caso in cui i contenuti prodotti non raggiungano adeguati standard qualitativi.

Ma che cosa sono le content farm?

Paul Kedrosky ne parla in questi termini:

Find some popular keywords that lead to traffic and transactions, wrap some anodyne and regularly-changing content around the keywords so Google doesn’t kick you out of search results, and watch the dollars roll in.

Ancora più duro Marco Arment:

Now, massive amounts of technically-not-spam sites are generated by penny-hungry affiliate marketers and sleazy web “content” startups to target long-tail Google queries en masse, scraping content from others or paying low-wage workers to churn out formulaic, minimally nutritious pages to answer them. […] They call this “content”. But it’s not, really — it’s filler. And by a more common-sense definition, it’s spam.

Ed ecco la parte del post in cui Matt Cutts parla delle content farm:

As “pure webspam” has decreased over time, attention has shifted instead to “content farms,” which are sites with shallow or low-quality content. In 2010, we launched two major algorithmic changes focused on low-quality sites. Nonetheless, we hear the feedback from the web loud and clear: people are asking for even stronger action on content farms and sites that consist primarily of spammy or low-quality content.

In sostanza le continue lamentele da parte degli utenti hanno spinto Google a dare un giro di vite contro chi produce tonnellate di contenuti con l'unico obiettivo di "stuffare" i motori di ricerca e prendere traffico (e revenue) a scapito della user experience.

Un errore che molti fanno, però, è quello di identificare le content farm con il concetto di content o news on demand.

Le prime producono contenuti di povera qualità, pagando una manciata di dollari/euro ad eserciti di scrittori free lance, spesso studenti che sbarcano il lunario improvvisandosi in un lavoro che richiederebbe invece un minimo di background e know-how.

Chi produce content o news on demand, invece, è invece un editore professionale che decide di applicare un metodo scientifico, basato sulle parole chiave e orientato ad un obiettivo di marketing (visite, pagine viste per visita, ROI, ecc.) alla produzione di contenuti di qualità medio/alta.

Purtroppo oggi molti editori professionali non hanno compreso la via del content on demand. Sospettosi dei motori di ricerca e di Google in particolare, ripropongono online la stessa formula valida per la carta stampata. In questo modo hanno spalancato la porta ai nuovi editori, nati direttamente online, che di professionale hanno poco o nulla e che possono contare su una maggiore comprensione di Internet e delle dinamiche di monetizzazione del traffico.

In questa fase storica gli editori professionali sono di fronte ad una scelta importante: diventare loro i veri produttori di news on demand o lasciare campo alle numerose content farm che stanno spuntando come funghi e che, se non arginate da Google, finiranno con l'inquinare i risultati di ricerca, stuffandoli di contenuti di scarso valore.

E come direbbe Neo, il protagonista di Matrix:

Where we go from there...is a choice I leave to you...

Sweatshop_labour

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